lunedì 24 ottobre 2016

Adrano (Sicilia), tra Greci, Romani, Arabi e Normanni



Adrano è l'antica Adranòn, detta in latino Hadranum. Il territorio di Adrano è di antico popolamento; infatti, gli scavi archeologici condotti  da Paolo Orsi e poi proseguiti nel corso degli anni hanno portato alla luce alcuni villaggi , composti da capanne protette da trincee e alcune necropoli a fossa ovale, che indicano chiaramente la tendenza delle antiche popolazioni sicule a insediarsi nelle zone di pianura in vicinanza dei fiumi. In particolare, l'insediamento umano nel territorio di Adrano è rappresentato dai resti di un villaggio di tipo  castellucciano. Secondo gli studiosi i villaggi castellucciani erano costruiti in luoghi “facilmente difendibili, con opere costruite per l'accesso con un impianto studiato su speroni rocciosi” (M. Coppa).

Diodoro Siculo e altri autori antichi  identificarono il sito di Adrano con quello dell’antica città di Inessa, ma la cosa è molto dubbia, perché ci sono almeno due siti in cui potremmo identificare  Inessa:

“ Alcuni proposero la identificazione di Inessa con Adrano; il Savasta  pose invece Etna-Inessa a Paterno, e metteva in evidenza la sua ubicazione tra Centuripe e Catania” ( G. Rizza). Un contributo decisivo per la scoperta di insediamenti umani nel territorio di Adrano fu quello di P. Orsi (Adrano e la città sicula del Mendolito) e della Soprintendenza ai beni archeologici di Siracusa e di Catania a partire dagli anni ‘60. Tutta la zona di Adrano fu coinvolta nella politica espansionistica di Siracusa , che ottenne la completa egemonia della Sicilia centro orientale. Nel quadro della loro conquista, i Siracusani fondarono una nuova colonia, chiamata Adrano. Il fondatore della città fu Dionisio nel 400 a. C., che poi i Romani chiamarono Hadranum, situata sul sito fortificato della rocca di Giambruno, dove esisteva il santuario di Adranòs,  una tra le più importanti divinità dei Siculi.

Di qui dunque deriva l'etimologia della città, che ovviamente è riferita al culto del dio Adranòs, che, secondo la leggenda di fondazione, ebbe anche una parte di rilievo nella storia della città. Infatti essa era travagliata dalle lotte interne tra Timoleonte e Iceta:

 “[...] Adrano è presentato come un dio guerriero, la cui statua di culto suda miracolosamente e agita la lancia all'arrivo del condottiero corinzio, segnalando così agli Adraniti, indecisi se prendere partito per Timoleonte o per il tiranno Iceta, quale sia la giusta decisione da prendere, cioè schierarsi dalla parte del vincitore corinzio. Adranòs, nella sua qualità di Phylatton Daimon (divinità protettrice) interviene poi in un altro luogo  salvando miracolosamente la vita a Timoleonte, che stava per essere assassinato da due sicari di Iceta, mentre sacrificava sull'altare del dio. L'azione di Adranòs è coerente con la sua capacità di identificare e punire coloro che si presentano alla sua sacra dimora in condizioni di empietà o con sacrileghe intenzioni. Plutarco inoltre ci segnala la diffusione del culto anche in altri villaggi dell'isola, diffusione che se da un lato appare […] come l'esito di un confronto politico-ideologico tra il gruppo etnico Siceliota e i Siculi ” (N. Cusumano).

La città di Adrano si scontrò duramente con i Romani, opponendosi alla loro conquista nel 263 a. C., al tempo della prima guerra punica, subendo un pesante assedio che culminò con la totale distruzione della città. Le ricerche archeologiche documentano con chiarezza i segni ed il grado di distruzione inferto alla città greca, di cui rimangono anche i resti della successiva centuriatio romana, che sembrano estendersi fino al Mendolito ed ad altre contrade. La città fu dotata dai Romani di una importante rete stradale, con funzioni di carattere militare ed economico,  di cui parlano l' Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana. Il cosiddetto Ponte dei Saraceni, che ingloba in sé elementi di stile tipicamente romano dimostra inoltre che Adrano ritornò nell'Alto Medioevo ad essere una importante roccaforte araba per il controllo strategico degli accessi e degli itinerari  lungo il fiume Simeto.

Nella distinzione amministrativa dei  musulmani, Adrano vide pertanto rafforzata ancora una volta la sua funzione militare. Per i conquistatori arabi il territorio di Adrano fu importante non solo dal punto di vista militare; esso era infatti ricco di acque fluviali e sorgive, e ciò diede un particolare impulso alla fondazione di nuovi villaggi e casali. L'apporto culturale degli Arabi fu notevole sotto l'aspetto dell'agricoltura; essi infatti introdussero nuovi tipi colture come il lino , il cotone gli ortaggi, gli agrumi, il gelso, la canna da zucchero,  il riso, nonché importanti  tecniche agricole per  l'irrigazione dei campi.

La crisi dell’ insediamento arabi di Adrano iniziò con l’avvento in Sicilia dei Normanni. Occupata Messina e le valli dell'alto Simeto e del Salso, i Normanni avanzarono verso Catania, incontrando la resistenza dei presidi dei centri agricoli arabi situati lungo il fiume Simeto. Adrano-Adernò fu conquistata dai Normanni dopo la caduta di un importante casale, chiamato Bulichiel. Nella ripartizione della Sicilia in diocesi voluta da  Ruggero, Adrano entrò a far parte della Contea di Catania, ed essa fu infeudata al vescovo Angerio. In seguito fu assegnata ai membri della famiglia reale, facendo capo ad un vasto territorio comprendente Centorbi e confinante a Sud-est con le terre di Paternò.

Nel corso  della minore età di Ruggero II, la città ed il suo territorio furono oggetto di una vasta operazione di infeudamento delle terre più fertili della Sicilia orientale ai nobili di origine Normanna, spesso imparentati con la regina Adelasia, sotto la reggenza della quale si determinò un largo fenomeno di immigrazione di coloni normanni provenienti dall'Italia settentrionale,  i cosiddetti Aleramici e i Longobardi (detti “Lombardi”). Al popolamento del territorio da parte dei feudatari seguì il richiamo di coloni nelle terre dei monasteri  latini e basiliani (ossia cristiani di rito greco). Come dicevamo, la giurisdizione feudale fu esercitata da famiglie direttamente legate alla dinastia normanna, e si estendeva su un vastissimo territorio comprendente, oltre ad Adrano, anche  Centorbi, Paternò, Capizzi, e altre località.

 Per la organizzazione del suo territorio, Ruggero necessitava di conoscere molto bene la situazione delle proprietà terriere. Di qui nacque l'opera di geografia più importante del Medioevo Siciliano, ovvero Il Libro di Re Ruggero, opera del geografo arabo Al Idrisi, che lo scrisse per diretto incarico di Ruggero II. Secondo Al Idrisi, Adrano era un

 “grazioso casale, quasi una piccola città; essa sorgeva su una cima rupestre, era dotata di un mercato, di un bagno, di una bella rocca e abbondava di acque. Essa era situata ai piedi dell'Etna” (Al Idrisi).

Adrano  in seguito si ingrandì non solo grazie all'attività edilizia  avviata dai grandi signori feudali ma anche dai monasteri. In età moderna Guglielmo Raimondo Moncada nel 1501 ottenne dal sovrano una “licentia populandi” (licenza di ripopolamento). Tale privilegio, promulgato dalla Corona,  consentì a Guglielmo Francesco Moncada di ricostruire e ripopolare Adrano. Questo fenomeno di ripopolamento delle campagne fu un evento epocale per la Sicilia, ed è stato ampiamente studiato. In generale, possiamo affermare che esso fu

“il frutto di una scelta deliberata di popolamento da parte di un Signore; essa era poi sancita dall’autorità con la concessione di una ‘licentia populandi’. Con questo evento storico, la colonizzazione feudale visse la sua epoca aurea nei sessant’anni tra il 1590 e il 1650. Il secentesco ‘ritorno alla terra’ si caratterizzò dunque in Sicilia per questo imponente sforzo baronale di ripopolamento della campagna” (F. Benigno).

Tuttavia, rimarchiamo anche il fatto che la tendenza al ripopolamento delle campagne siciliane fu per la nobiltà locale non soltanto un colossale affare economico, ma anche uno strumento per il raggiungimento di un rango più elevato negli “onori nobiliari”, con un conseguente accrescimento anche del proprio potere politico. Le aumentate risorse economiche derivanti dalle attività industriali e commerciali produssero un processo di sviluppo della città. Le comunità religiose costruirono case, chiese e palazzi, e il fervore religioso legato alla Controriforma diede ampio spazio allo sviluppo dello stile Barocco, che determinò un'attività di costruzione e di ricostruzione degli edifici ecclesiastici grazie alla potenza economica raggiunta in questo periodo dalle istituzioni religiose.

Ad esso si accompagnò l'edificazione delle nuove residenze della nobiltà locale concepita per aderire agli stilemi dello stile Barocco sotto il profilo architettonico e funzionale, e per stabile una nuova armonia con l'impianto urbano. A ciò si aggiunse anche la ristrutturazione dei conventi e dei monasteri, che a partire dalla metà del XVI secolo furono edificati dentro la città. Le nuove costruzioni religiose e civili sorsero all'interno dei quartieri cinquecenteschi e medioevali,  nelle aree libere occupate da orti e giardini.

Dopo il lungo periodo di decadenza demografica ed economica conseguente al terremoto del 1693, che si protrasse anche nel secolo successivo, con l'avvento dei Borboni la città conobbe una nuova espansione edilizia. A partire dal 1750 il recupero demografico provocò l'ampliamento della città verso nord fino all'attuale piazza Leone XIII, con la costruzione del quartiere di S. Filippo, sorto intorno alla Chiesa costruita verso la fine del XVIII secolo; e anche altri ampliamenti furono effettuati nel corso del XIX secolo. Oggi Adrano, per i monumenti storici e il ricchissimo patrimonio archeologico ed artistico è una città con una forte vocazione turistico-culturale, cui si accompagna un paesaggio che sedusse tutti gli osservatori stranieri che, fino dal XIX secolo, ebbero la possibilità di visitare l’antichissima Adranòn.


Fonti:

Al Idrisi, Il libro di Ruggero, a cura di  M. Amari, Roma, Salviucci, 1883, p. 56.

F. Benigno, “Vecchio e nuovo nella Sicilia del Seicento: il ruolo della colonizzazione feudale”, in Studi storici, 1986, n. 1, p. 95.

M. Coppa, Storia dell'urbanistica: Dalle origini all'ellenismo, Torino, Einaudi, 1969, Vol. II, pp. 593 sgg.
N. Cusumano, “Siculi”, in Ethne e religioni nella Sicilia antica, in Atti del Convegno internazionale ( Palermo, 6-7 dicembre 2000), Roma, 2006, pp. 129-130.

P. Orsi, “Adrano e la città sicula del Mendolito”, 1898-1909 (a cura di P. Pelagatti), in Archivio storico siracusano, p. 137.

G. Rizza, “Scoperta di una città antica sulle rive del Simeto: Etna-Inessa?” in La parola del passato, 1972, p. 473 nota.

G. Savasta,  Memorie storiche della città di Paternò, I, Catania, 1905, p. 26 sgg.




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