lunedì 7 novembre 2016

Policastro Bussentino: tra il “bosso” e la “foce”

 L'antica Buxentum ( oggi chiamata Policastro Bussentino) è situata su una  collina accanto a un antico castello, sulla destra del fiume Bussento, che ha lo stesso nome della città.  Gli autori antichi conoscevano il luogo come Pixunte (in greco) e Buxentum (in latino). Secondo un'etimologia consolidata, il toponimo deriverebbe dalla radice pouxous, con il significato di  bosso, un legno molto duro e resistente, che cresceva nella zona di Policastro. Dalla radice greca, pouxous, e latina, buxus, ne derivarono i parecchi nomi della città, quali Pixus, Pituntia, Pixunte, Pissunte e, infine,  Bussento.

L'etimologia ha una sua consistenza, perché, come ricordava Amedeo La Greca, “nel corso della II guerra Punica,  secondo Silvio Italico, i soldati di Pixoe ancora combattevano armati di bastoni di bosso e di spade ricurve”. Tuttavia, non mancano studiosi i quali ritengono che l'etimologia esatta sia invece foce, poiché la città è posta sulla destra del fiume Bussento, che ha lo stesso nome della città. In questo senso, G. Semeraro sottolineò che l'etimologia che rimanda al concetto di bosso è sostanzialmente errata, perché,  linguisticamente, la radice poux significa foce. ( G. Semeraro).

Il secondo nome, Policastro, è invece di origine medievale, e significa città fortificata [ polis=città, castrum = fortificazione, castello]. Comunque la questione è tuttora incerta, perché la città, nonostante la radice greca del toponimo, sembra che fosse stata di origini pregreche, in quanto appartenuta agli Enotri.  Pertanto pare che  il toponimo risenta di un sostrato mediterraneo: “Policastro era l'antica Pyxus-Buxentum, in tempi remotissimi città enotrico-pelasgica, come dimostrano le possenti vestigia delle sue mura, indi colonia greca e poi romana” (Fernando La Greca).  Buxentum sarebbe stata fondata, secondo Diodoro Siculo,  nel 471 a.C.,  e le testimonianze archeologiche del periodo romano sono ben evidenti, come il ponte romano di Rofrano ( Fernando La Greca).

Il centro storico di Policastro è costituito  da una cinta muraria medievale, risalente alla dominazione normanna, dell’epoca di Ruggero I (XI secolo). Esso  è dominato da un castello fortificato, che a suo tempo fu una fortezza bizantina nell’Alto Medioevo (VI-VII secolo),  poi  ricostruita  dai Sanseverino nel XIII secolo. Secondo una tradizione rivelatasi infondata, Policastro Bussentino sarebbe stata distrutta nel corso delle incursioni saracene sulle coste italiane nel 915; ma in realtà la città è attestata come ben viva e presente dalle fonti dell'XI secolo come dominio normanno, e poi  citata anche  dal geografo arabo Al Idrisi nel XII secolo,  e descritta come un castello grande e molto popolato.

Dal XIII al XV secolo  Policastro Bussentino appartenne a diverse famiglie feudali (Sanseverino, RuffoCarafa). Tuttavia, tra il XIV e il XVI secolo, una serie di distruzioni provocate da eventi bellici, quali l’attacco dei genovesi del 1320, e vari assalti pirateschi ne provocarono l’inevitabile declino  ( C. B.Trillmich). Con tutto ciò, Policastro Bussentino conserva ancora le tracce del suo antico e glorioso passato, come  le  mura di cinta, di origine medievale,  la Chiesa Cattedrale, costruita, secondo la tradizione, su un precedente tempio pagano dedicato a Castore e Polluce, e il museo diocesano, che conserva  opere di notevole pregio storico ed artistico, come  un crocefisso in avorio, di stile fiammingo, risalente alla fine del XVII secolo: tutti elementi che, insieme con il mare, ne fanno una delle più interessanti mete del turismo culturale in Italia.

Fonti:

A.      La Greca, Appunti di Storia del Cilento, 1997, p. 96.

F. La Greca, “L'area del golfo di Policastro in epoca greco-romana”, in Temi per una storia di Torraca, Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli, 2010, pp. 19 sgg.

G. Semeraro, Le origini della cultura europea, Olschki, 1994, parte I,  p. 244.


C. B. Trillmich, “Pyxous-Buxentum”, in Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité, 1988,  Vol. 100, n. 2, pp. 701-729.

Nessun commento:

Posta un commento